4 giorni a Bangkok: tanto io lo sapevo che sarebbe successo. Sapevo che i primi giorni a Bangkok non sarebbero stati facili. La vocina interiore mi diceva che qualcosa avrebbe stonato col mio sentire: il caos.
Sì, perchè Bangkok – la città degli angeli, come il suo re l’ha voluta ribattezzare – è tutto fuorchè angelica. È un delirio di suoni, luci, odori, cavi intricati, cani randagi, pick-up sempre in moto.
Una città che non dorme e non lascia dormire, dove tutto è in vendita, comprabile. Un continuo mercato, un carrettino dopo l’altro, sull’altro, nell’altro.
Stordimento.
Se c’è un’emozione predominante dei quattro giorni trascorsi a Bangkok è esattamente questa. Ma io, amici miei, vengo dalla campagna. No, no, aspetta, vengo dal Polesine che vuol dire distese infinite di terra-acqua-cieloquandononc’èlanebbia. Non voglio fare la parte di Renato Pozzetto, voglio solo dire che il mio termine di confronto è esattamente l’opposto: il silenzio che ovatta la realtà, contro il rumore che martella ogni senso.
Dentro Bangkok: dove non volano gli angeli
I primi quattro giorni a Bangkok sono stati anche i primi di un viaggio dall’altra parte del mondo da sola, quindi ogni emozione era sicuramente esasperata. Ma il viaggio mi ha confermato che non sono fatta per gli spazi urbani e che il mio livello di curiosità cala inesorabilmente quando lo sguardo è compresso, quando lo smog prende il posto dell’aria e quando un prato è una visione rara. Son fatta così, che ci posso fare?
La ciliegina sulla torta è stata l’hotel in cui ho soggiornato: esattamente nel cuore della via più popolare (e affollata) della città, Khao San Road. Praticamente tutti i turisti si riversano qui, attirati dai mercati, dallo street food, dalla musica live, dai locali, ristoranti e discoteche. Ebbrava Selene, ottima scelta.
Tra i templi di Bangkok, in cerca di spiritualità
La Thailandia porta con sè anche il fascino di una spiritualità antica, svincolata dalla religione, che si mescola agli atteggiamenti quotidiani, che spunta dietro un grattacielo, che si condensa nell’arancio della tunica di un monaco. È l’altra faccia di questa terra: come sempre bisogna guardare meglio, per restare incantati dai delicati gesti di devozione, dalla ritualità elegante, dall’equilibrio tra sacro e profano.
Così i templi di Bangkok sono diventati il mio rifugio: bypassando in fretta le sontuose e variopinte architetture, andavo dritta nel cuore pacifico del tempio, davanti ad un Buddha che ogni volta cambiava forma. Piccolo, enorme, steso o seduto, stava lì ad osservarti e a ricordarti che, se vuoi, puoi diventare come lui. Il Buddha non è un Dio – come mi ha ricordato il giovane monaco che ho incontrato al Wat Chedi Luang – ma un maestro illuminato, che insegna a lasciare andare le cose, a lasciare che la vita segua il suo flusso perfetto, senza aspettative. A piedi nudi, ranicchiata in un angolo della sala, mi sono lasciata avvolgere in un dialogo intimo, dove potevo riconnettermi con me stessa e con l’energia che mi ha spinta ad intraprendere questo viaggio.
Non sono capace di raccontarvi un tempio: conosco la storia dell’arte occidentale, ma non le forme dell’arte orientale. Vi lascio riempire gli occhi d’oro luccicante con questo video:
Un angolo di quiete a Bangkok: il Perception Blind Massage
Come se avesse percepito il mio bisogno di lasciare fuori la città per un po’, Conscious Journeys (tour operator di viaggi responsabili), mi ha invitata a provare un centro massaggi molto particolare: il Perception Blind Massage.
Mi chiudo la porta alle spalle e mi rendo subito conto di essere in un mondo ovattato, fatto di gesti, sorrisi accoglienti. Tutto si muove nel silenzio qui: le operatrici del Centro sono tutte ipovedenti e viene naturale riappropriarsi di un altro modo di comunicare, fatto solo di sussurri e di mani che si muovono leggere nell’aria a guidarti nello spazio.
Le luci sono basse, l’arredamento scuro: ogni dettaglio pare essere un invito a dimenticare la vista per entrare nella consapevolezza del proprio corpo e delle sue sensazioni. Una scelta suggerita dalla disabilità dei terapeuti, che allo stesso tempo ti fa sentire a tuo agio, serena e ti permette di immergerti in uno stato di rilassamento profondo.
E così mi lascio condurre dalla mia terapista non vedente, che naturalmente sa muoversi meglio di me nel buio dello spazio. Seguo la sua mano che mi invita ad indossare gli abiti leggeri di cotone e a distendermi su un ampio materassino. Ho scelto di provare il massaggio thailandese tradizionale, una pratica che ha origini antichissime, già in uso dai monaci buddisti ben 2500 anni fa. È il mio primo massaggio thailandese e non so cosa aspettarmi: alla reception, mi è stato chiesto ‘il grado di intensità’ con cui voglio farmi massaggiare e questo mi fa capire che non sarebbe stato il classico trattamento rilassante a cui siamo abituati.
Le mani ferme della mia massaggiatrice, le sue pressioni decise, hanno iniziato a risvegliare il mio corpo, a rianimarlo. Come se la sua chiara conoscenza delle mie fattezze – nonostante la cecità – mi aiutasse a “rivedere” parti di me dimenticate, relegate in un angolo della mente. Sì, esiste anche quel punto interno della gamba, quell’angolo della schiena, quel dito del piede…E più i miei occhi restano chiusi e più mi affido al tocco sapiente della terapista, che mi guida in questo intenso percorso sensoriale.
Il Perception Blind Massage è un progetto sociale prima di essere un centro benessere. Nato nel 2014 con l’obiettivo di introdurre un nuovo concetto di massaggio a Bangkok, permette a terapisti non vedenti o ipovedenti di avere un lavoro gratificante. Il loro è un talento unico, perchè a causa della loro disabilità, sono in grado di concentrarsi completamente sul senso del tatto in un modo totalmente differente dai terapisti normodotati.
Si può sempre scegliere come investire il proprio denaro, anche viaggiando: scelte come questa sono azioni concrete per favorire un turismo sostenibile, che supporta la comunità o parti di essa, soprattutto le più deboli. Felice quindi di aver scoperto questa realtà!
Fuori Bangkok: progetti di turismo sostenibile
Dei 4 giorni a Bangkok e dintorni, questa è l’esperienza che ho amato di più: un’intera giornata in una zona attorno al fiume Mahasawat, tra canali, distese infinite di fiori di loto e fattorie biologiche. In fondo, la campagna fa parte del mio DNA, non c’è nulla da fare. Ecco perchè in città la mia soglia di resistenza è molto bassa! Si tratta di un’altra attività proposta da Conscious Journeys, un progetto di turismo sostenibile appena fuori Bangkok, che promuove e sostiene la piccola comunità nata attorno al fiume e le produzioni locali.
Ma ve ne parlo meglio nel mio prossimo post! 😉
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