C’è la famosa valle del Chianti, la Val d’Elsa, la verde Val d’Orcia. E poi c’è la Valdera. Una valle toscana magari meno blasonata delle altre, ma proprio per questo più vera, sincera nel suo animo contadino che profuma di olio e di legna scoppiettante nei camini.
Nel cuore della Toscana, nella provincia di Pisa, la Valdera è la terra su cui scorre il fiume Era, fino a Pontedera, dove si incontra con il fratello maggiore, il fiume Arno, per proseguire insieme il viaggio fino a Pisa e al mare.
Terra abitata fin dall’epoca etrusca, la Valdera è una distesa di ulivi e filari di viti, tra cui si scorgono i tipici casolari toscani annunciati da lunghi filari di cipressi. Qua e là piccoli borghi che si fanno notare per una pieve antica, un signorile palazzo, il resto di una fortificazione.
Ma la Valdera è soprattutto una distesa di ocra e mille toni di verde, in cui intingere il pennello dell’immaginazione un passo dopo l’altro, attraverso i numerosi sentieri di trekking e itinerari in bicicletta per viverla in modo lento e profondo.
La Valdera è meta di turismo sostenibile perchè la sua bellezza leggera, lontana dallo stucchevole splendore di altre destinazioni toscane, si ama nel silenzio del camminare, nello sguardo sognante sulla panchina di una piazza, nella contemplazione delle linee sinuose delle colline che si distendono dalle terrazze.
Questo angolo di Toscana merita un viaggio consapevole e attento, tendendo l’orecchio al vento che soffia e racconta di un’anima casereccia, ma nobile e gentile, che rapisce il cuore.
In Valdera la raccolta delle olive è sempre una festa
Conoscere la Valdera durante il periodo della raccolta delle olive è forse il momento migliore: è un periodo di festa, in cui tutta la famiglia si riunisce per aiutarsi nel duro lavoro tra gli ulivi.
A casa di Maria Angela dell’agriturismo I Moricci tutti sono in fermento: persino la cagnolona Moka sembra capire che questo è il periodo più importante dell’anno, quello in cui l’enorme distesa di ulivi attorno al podere, si trasforma in un profumatissimo fluido dorato che impreziosisce ogni piatto.
Maria Angela cura con amore e totale dedizione tutto il processo, dalla raccolta (un po’ a mano, un po’ con quel particolare rastrello), fino alla spremitura in frantoio. Per produrre il suo delicato olio biologico, mantenendo inalterate tutte le proprietà e il sapore, porta tutte le sere le sue olive al frantoio di fiducia, che macina come piace a lei, in maniera attenta e rispettosa del prezioso frutto. Poco importa se torna a casa ogni notte tardissimo e il giorno dopo è già ora di ricominciare…
Qui sono giorni speciali: pensate che ogni anno una coppia di svedesi viene appositamente per aiutare nella raccolta! Ormai sono di famiglia, nonostante fatichino ancora a parlare in italiano. Ma non servono le parole per partecipare a questo rito: sul campo si è tutti uguali, bastano i gesti per capire qual è il momento per ogni cosa.
E poi ci si ritrova tutti attorno alla grande tavola, a condividere un piatto di spaghetti fumanti e profumate fette di pane toscano da sommergere di olio buono.
La mia prima raccolta di olive in Toscana non poteva essere in un posto più caldo e ospitale: infilati i guanti, mi è sembrato di essere una di famiglia, affascinata nello scoprire tutti i segreti che si nascondono dietro quest’arte antica.
Tra i borghi della Valdera: Lajatico e Peccioli
Il mio secondo giorno in Valdera è dedicato alla scoperta dei graziosi borghi che spuntano seducenti tra le colline. E mi rendo conto che viaggiare in questa stagione – fine Ottobre – sia quasi più…toccante. Perchè sei l’unica turista che si muove curiosa in una mattina assolata a guardare gli anziani al bar, ad annusare il profumo del sugo sul fuoco, ad accarezzare un gatto sonnacchioso in un vicolo silenzioso.
E ti pare di entrare nell’intimità familiare del paese e cammini piano bisbigliando parole di sorpresa.
Il borgo di Peccioli
Punto diretta ad uno dei borghi più belli della Valdera e d’Italia, Peccioli, un borgo in cui storia e contemporaneità si mescolano sapientemente, lasciandoti a bocca aperta ad ogni passo.
Case-torri, vicoli e chiassi convergono verso il luogo dell’antica rocca presentando arcate e sottopassaggi davvero caratteristici. Non per niente è uno dei borghi più belli d’Italia, la “terrazza della Valdera”, su cui si staglia inconfondibile il profilo del campanile della Pieve di San Verano. Il borgo è la sua cattedrale di pietra, imponente nella sua semplicità che rimanda all’epoca romanica.
Tra le viuzze strette del paese, l’arte contemporanea si fonde con lo spazio urbano raccontando un luogo e i suoi abitanti, instaurando un dialogo tra presente, passato e antichi linguaggi iconografici: e sorprendono installazioni, murales e affreschi contemporanei che cambiano la prospettiva e stimolano a nuove riflessioni.
Dal cuore più vivo del borgo, Piazza del Popolo, i vicoli e i vicoletti ripidi di Peccioli (chiamati “chiassi”) ti invitano a rallentare il passo e a cercare un dettaglio che sappia parlarti: non vuole che te ne vai.
E così ti siedi a rimirare le case imponenti, per ascoltarne la poesia antica.
Da Peccioli, allungando il passo e allargando lo sguardo, puoi partire per uno dei sei percorsi naturalistici che si addentrano nel territorio: il percorso del fiume Era, il percorso del Molino di Ripassaia, il percorso delle Colline per Legoli, il percorso della Bianca e il percorso dell’anello di Cedri.
Il borgo di Lajatico e il teatro del silenzio
Pochi chilometri e mi ritrovo ad inseguire il silenzio. Sì, è proprio al silenzio che è dedicato il suggestivo teatro voluto da Bocelli nella sua Lajatico. Ci arrivo seguendo un viale infinito che sembra venga inghiottito dalle infinite colline: fermo l’auto, scendo, e mi tuffo nelle onde sinuose…
Il Teatro del Silenzio è un luogo surreale, che spunta da una conca naturale che d’estate si riempie d’arte e creatività artistica.
Un luogo carico di energia, che ti attira a sè per cantarti storie sempre nuove.
Anche il cuore del borgo di Lajatico canta, canta l’amore per il bello.
Lo vedi nella cura dei dettagli che accarezza ogni vicolo, ogni chiesa, ogni piazza: un gioco di esaltazione, che trasforma prospettive, crea nuove angolazioni e ti spinge ad infilare la testa tra portoni e finestre socchiuse, alla ricerca del particolare che si nasconde lieve.
“Il borgo è tutto qui” mi dice un passante: una manciata di vie, una piazza, pochi abitanti. In epoca medievale c’era un imponente castello con cinta muraria, completamente smantellato dai fiorentini nel 1435, dopo una delle tante conquiste e riconquiste.
Ma la sua unicità è proprio questa, tra ciò che puoi vedere e ciò che non ti resta che immaginare, per cantare con lo sguardo una canzona nuova, tutta ancora da scrivere.