Devo dire la verità: ho fatto fatica. Fatica a costruire questa bozza di itinerario per il mio prossimo viaggio nel Sud Est Asiatico. Credo che lo seguirò giusto per i primi giorni, il tempo di ambientarmi e poi sarà tutta improvvisazione e decisioni prese d’istinto: un viaggio che seguirà il mio umore, le persone che incontrerò lungo il cammino, le sorprese inaspettate.
Sud Est Asiatico, itinerario (sostenibile) di sola andata
Parto con un biglietto di sola andata, ma questo l’ho già detto: ho bisogno di un tempo dilatato per indugiare sulle infinite sfumature di verde del Laos, sui sorrisi della sua gente; per pregare una preghiera tutta mia nei templi della Thailandia, per riempirmi gli occhi di tramonti sul Mekong.
Ho abbozzato un itinerario, che parte da Bangkok e va verso il nord della Thailandia, per poi passare in Laos via terra alla frontiera Chiang Kong /Huay Xai e da qui giù fino a Si Phan Don (Four Thousand Island) per attraversare nuovamente il confine e andare in Cambogia. Un itinerario in senso orario che toccherà templi e città, ma soprattutto sarà un’occasione per conoscere e sostenere progetti di turismo sostenibile. Il Sud-Est asiatico è una delle regioni più ricche di biodiversità, nella quale vivono specie uniche al mondo. Ad un equilibrio ambientale da preservare, si aggiunge un’economia debole, dove povertà e disparità economica sono dominati. La maggior parte della popolazione vive in situazioni di sussistenza, senza poter avere accesso alle cure mediche o all’educazione.
Ecco perchè è ancora più importante partire per il Sud Est Asiatico con la consapevolezza delle nostre azioni e dei nostri consumi, organizzando un viaggio il più possibile sostenibile. Come fare? Per esempio, supportando le piccole economie locali dormendo a casa degli abitanti del luogo (homestay), rispettando la fauna locale evitando il classico giro turistico in groppa all’elefante, ma piuttosto dedicando qualche ora di volontariato alla loro cura; riducendo i consumi e gli sprechi; prediligendo guide locali e sceglendo tour organizzati da agenzie serie e responsabili che sostengono le comunità rurali, fornitrici di servizi. Come il progetto Fair Trek dell’agenzia Tiger Trail: propone esperienze di viaggio a stretto contatto con le comunità più remote del Laos, impegnandosi a lasciare un impatto positivo sull’economia del territorio, attraverso il supporto di guide turistiche locali, il soggiorno in homestay e favorendo il commercio locale.
Ma soprattutto cerca di vivere come un abitante del luogo, rispettando usi e costumi, mangiando cibo locale, evitando di fare l’elemosina, ma piuttosto regalando materiale utile all’istruzione dei bambini.
#1 tappa – Thailandia: da Bangkok verso nord
Starò a Bangkok giusto qualche giorno: 4 dovrebbero essere sufficienti per vedere i luoghi più importanti della città (tra gli altri, Grand Palace, Wat Pho, Wat Arun, Jim Thompson’s House) ma poi me ne scappo via dal traffico e dallo smog per muovermi verso nord. Prima tappa Ayutthaya, l’antica capitale del Regno di Siam, in cui visitare il Parco Archeologico ricco di templi di notevole bellezza, comodamente in bici. Da qui probabilmente un trekking nel Parco Nazionale di Khao Yai, il più antico della Thailandia, inserito nella lista dei siti patrimonio del patrimonio mondiale per la varietà di flora e fauna.
Poi via a Sukhothai un paio di giorni, per un tour in bicicletta nella zona dei templi per poi fermarmi qualche giorno in più a Chiang Mai, una città non solo molto interessante a livello culturale, ma in cui si rintanano la maggior parte dei nomadi digitali. 😉 Andrò a capire come mai proprio qui e di cosa si occupano: sai mai che ne nasca una collaborazione! Visitare Chiang Mai richiede almeno cinque giorni: durante questo tempo potrei anche valutare di fare un corso di cucina alla Thai Farm Cooking School, una fattoria biologica poco fuori città.
Entro il 29 Gennaio mi devo spostare a Chiang Rai, ancora più a nord: sì, perchè qui ha sede il centro mindfulness New Life Foundation, dove, in cambio di lavoro volontario, potrò prendere parte alle sessioni di meditazione e yoga, workshop di crescita personale, attività di condivisione di gruppo. Il tutto immersi per buona parte del tempo nel silenzio! Dalle 9.30 di sera fino al mattino dopo qui non si parla: sarà una preziosa opportunità per ascoltare solo quello che mi dice la mia vocina interiore. Povera, ogni tanto provo ad ignorarla…
Trascorsi i 15 giorni di volontariato nel Centro Mindfulness, mi resterà ancora qualche giorno da trascorrere in Thailandia prima della scadenza del visto turistico di 30 giorni: prima di uscire dal paese, ho già prenotato una coinvolgente esperienza nell’Elephant Nature Park, un centro di recupero e riabilitazione di elefanti. Una giornata intera a prendersi cura di loro e un modo concreto per sostenere le attività del centro. A mio avviso, un ottimo esempio di turismo sostenibile!
Gli ultimi giorni li userò per godermi la bellezza disarmante del White Temple di Chiang Rai, per poi passare via terra in Laos prendendo un bus da Chiang Kong a Huay Xai.
#2 tappa – Dal nord del Laos fino alle 4 Thousand Islands
La prima tappa in Laos sarà l’area protetta di Nam Ha: probabilmente mi appoggerò all’agenzia Green Discovery, specializzata in turismo sostenibile nel Paese. L’idea è quella di scegliere un tour attraverso la foresta tropicale e i villaggi delle tribù che ancora vivono all’interno dell’area naturale.
Non so se mi fermerò a Udomxay, ma sicuramente qualche giorno a Luang Prabang, patrimonio dell’UNESCO dal 1995, ma oggi molto meno autentica di un tempo. Conoscendo la mia bassa resistenza al caos, probabilmente farò un tour di 3 giorni con l’agenzia Tiger Trail tra le campagne circostanti, per incontrare le comunità locali e sostenere attivamente il progetto di turismo sostenibile, Fair Trek.
Vang Vieng, Vientiane e Phonsavan con la Piana delle Giare sono tappe obbligate: dopo queste tappe più ‘turistiche’, mi fermerò a Tham Kong Lo per un’escursione in barca dentro le grotte; appena più sotto Tha Khaek, un’area che regala i panorami più straordinari del Laos. Devo ancora capire se posso percorrere The Laos Loop (così è chiamato) anche con un altro mezzo oltre alla moto, non ci penso proprio a guidare!
Da qui scenderò dritta dritta fino al Bolaven Plateau, un altopiano di origine vulcanica in cui si nasconde uno spettacolo di cascate impressionante. Tra l’altro è la zona del Laos più famosa per le piantagioni di caffè: penso che mi affitterò una bicicletta, per perdermi tra le stradine dei villaggi e capire qual è il percorso che fa questo chicco fino alle nostre tazzine.
Vicino al Bolaven Plateau sorgono Pakse e Champasak, dove andrò a visitare Wat Muang Kang, un tempio semi sconosciuto dai turisti, il più antico della città, che si affaccia direttamente sulle rive del Mekong.
Mekong che poco più a sud si apre in un arcipelago verde smeraldo formato da tante piccole isolette, chiamato Four Thousand Islands (4mila isole): salterò da un’isola all’altra, per godermi la bellezza creativa dell’ozio. 😉
#3 tappa – Cambogia, da Siem Reap alla provincia di Mondulkiri
Da Si Pha Don (4000 isole) farò il passaggio del confine cambogiano a bordo di un van appoggiandomi all’agenzia Asia Van Transfer che mi porterà direttamente a Siem Reap: qui mi devo concedere almeno tre giorni per visitare in bicicletta l’enorme area dei Templi di Angkor.
L’idea è quella di muovermi poi verso il nord della Cambogia per non perdermi il tempio patrimonio UNESCO di Prasat Preah: ci vogliono tre ore di bus, ma la sua posizione sopra la montagna vale totalmente il viaggio. La vista che si apre è di quelle che non ti lascia spazio ad altre parole.
Ritornata a Siem Reap inizierò a muovermi in senso antiorario (mi pare il giro migliore, poi chissà!) fino a Battabang per visitare il Killing Field, luogo di massacri di massa subito dopo la fine della Guerra civile cambogiana e all’avvento del regime comunista di Pol Pot. Farà male, ma per capire il presente bisogna guardare in faccia la storia.
Penso che mi sposterò nel vicino lago di Tonlè Sap e più giù nel villaggio di pescatori Kompong Luong, che pare essere una sorta di piccola Venezia: ve lo saprò dire!
Imperdibile una sosta di più giorni a Chi Phat, in cui ha sede un centro di sviluppo di ecoturismo: siamo tra i monti Cardamom, l’area con la continuità forestale più ampia di tutto il sud est asiatico. Fiumi, montagne, foreste pluviali, cascate e mangrovie si mescolano per creare una scenografia perfetta in cui fare kayak, birdwatching, arrampicata ed escursioni in mountain bike. Penso che mi fermerò qui un bel po’!
E un po’ di mare dove lo mettiamo? La Cambogia pare non avere le stesse spiagge della Thailandia ma ho come l’impressione che mi piaceranno lo stesso. Dall’area di Chi Phat scenderò verso sud fino alle Southern Islands: un paradiso di dozzine di isolette che si raggiunge facilmente da Sihanoukville, in poco più di un’ora di barca. Penso che la fatica di ogni giorno sarà scegliere l’isola in cui godermi la giornata, tra immersioni, passeggiate e relax in spiaggia.
Dopo qualche giorno di mare, tornerò alla civiltà tra le città di Kampot e Kep, per continuare il mio tour zaino in spalla verso la capitale. A Phnom Pehn ovviamente dedicherò almeno tre giorni, perchè oltre ai mercati, ai templi e ai musei legati alla storia del genocidio, sono molto interessata a trascorrere una giornata di volontariato all’interno del Phnom Tamao Wildlife Rescue Center : si tratta di un centro di recupero di animali salvati dal commercio illegale e di riabilitazione della fauna selvatica. Una giornata qui prevede una serie di attività a stretto contatto con gli animali, come dar da mangiare agli elefanti, la visita alla nursery in cui varie specie di cuccioli vengono riabilitate e giochi con i macachi.
Anche in Cambogia il visto turistico è di 30 giorni: dovrei avere ancora tempo sufficiente per spostarmi verso est e raggiungere Kratie: lo spettacolo dei delfini al tramonto non me lo voglio perdere. Non ho mai visto un delfino nel suo habitat naturale e sarà emozionante! In un piccolo villaggio a 15 km da Kratie, infatti, vive una colonia di rarissimi delfini di fiume nelle acque del Mekong, della specie Irrawaddy.
Da questa località sulle rive del fiume, vorrei spostarmi per entrare in contatto con le minoranze etniche che ancora vivono nella provincia di Mondulkiri: questa zona è il ‘selvaggio est’ della Cambogia, con una bassissima densità di popolazione, conosciuta per le sue colline ricoperte di foreste e le possenti cascate. Dal punto di vista paesaggistico, culturale e climatico questa provincia è completamente diversa dal resto del Paese: le pianure e le risaie cedono il posto alle montagne e alla giungla, i khmer delle pianure non sono più il gruppo etnico predominante e la religione principale è l’animismo. Una finestra su una Cambogia diversa, un equilibrio ambientale unico in cui mi aspettano tante attività intense ed emozionanti, come un trekking nella Seima Protected Forest oppure una visita all’Elephant Valley Project, un centro che ha l’obiettivo di proteggere gli elefanti dallo sfruttamento eccessivo al quale troppo spesso sono sottoposti.
Mi sembra un itinerario bello intenso e stimolante, che dite?
Se avete suggerimenti e consigli, sono tutt’orecchi! 🙂
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