Mi stupisco sempre di quanto in Italia ci siano ancora luoghi intatti, luoghi che mantengono il loro battito lento. È come se la vita fosse più intensa qui, come se la sentissi scorrere vivida sulla pelle. Forse è perchè è l’essenziale ciò a cui devi pensare, ti devi curare della terra, della tua piccola bottega, delle camere per accogliere i pellegrini.
Ho trascorso tre giorni in Valle d’Aosta, tra i piccoli borghi di Saint-Rhémy-en-Bosses ed Etrouble, tra i paesaggi della Valle del Gran San Bernardo. E in questi giorni ho dimenticato la forma del tempo, per ricordarmi solo che c’è il sole che scalda, l’acqua che disseta, la fatica che gratifica, il cibo che conforta.
Saint Rhemy, il borgo ai piedi del Gran San Bernardo
Arrivo a Saint-Rhémy che è tarda mattina. Non sono mai stata in Valle d’Aosta: il viaggio è lungo, siamo quasi al confine con la Svizzera, lungo l’antica via che i pellegrini percorrevano dal Nord Europa per arrivare a San Pietro a Roma, la Via Francigena.
Che è un rifugio di viandanti te ne accorgi alzando la testa: i lampioni delle strade portano il simbolo di un pellegrino col suo bastone che, pieno di coraggio, sfidava la fatica e il freddo per raggiungere la tomba dell’Apostolo Pietro e portare la sua preghiera. Ancora oggi Saint Rhemy mantiene la sua anima ospitale di borgo che nei secoli ha accolto non solo pellegrini, ma anche papi e condottieri. Da qui, infatti, attraverso una gola ricca di conifere, in uno scenario suggestivo, una carrozzabile conduce al Colle del Gran San Bernardo, seguendo in parte il tracciato dell’antica strada romana: questa via ha da sempre avuto un ruolo determinante nelle relazioni fra il nord e il sud dell’Europa e questo clima di apertura si respira tuttora nell’aria di Saint Rhemy, nonostante sia un piccolo centro di poco più di trecento anime.
È ora di pranzo e in centro c’è un’osteria che fa ben sperare: entro, ma no, non fanno da mangiare. Bisogna scendere all’inizio del paese in un parcheggio-piazzale che a quanto pare è il centro nevralgico del paese: qui c’è l’unico ristorante attivo di Saint-Rhemy che fa anche da negozio di alimentari e bar. La cucina è quella valdostana, quindi la carne è il piatto predominante: un problema per me che sono vegetariana, ma una goduria per chi vuole assaggiare il vero sapore di questa regione.
Escursione da Saint Rhemy verso Merdeux: un pomeriggio tra fiori e orti
Per smaltire l’insalatona (!), ci sta una bella escursione: partendo dal municipio di Saint-Rhémy-en-Bosses a circa 1540 mt. di quota, ho scelto di seguire il percorso che porta fino a Merdeux inferiore, a circa 1900 mt: una bella escursione di circa 2 ore che inizia sulla via Francigena (sentiero 103) verso l’uscita dal paese e va verso i monti, attraversando le ultime case ornate di orti rigogliosi e verdissimi. Seguendo il simbolo dell’antica strada romana, ci si ritrova a fiancheggiare boschi fino a congiungersi all’Alta Via n.1. Da qui, si apre tutta la scoperta di piccoli borghi silenziosi, dalle architetture tipiche valdostane con tetti ricoperti di lose, balconcini di legno e pietre nude.
Cuchepache, Tat, Mottes sono le frazioni che si incontrano sul cammino, semplice e piacevole, fino a poco prima degli impianti di risalita Crévacol: io non ho tempo per completare tutto il percorso, Sara mi sta aspettando. Ma l’aria di quiete che ho respirato, la stessa che porta qui gli amanti dello sci e delle lunghe passeggiate anche in inverno, mi pacifica tutto il giorno, donandomi un senso di gratitudine, per la fortuna che mi viene concessa di scoprire angoli d’Italia così.
Dormire sostenibile a Saint Rhemy: il b&b Nuit à Pleiney
Ti avevo già raccontato la storia di Sara e Marco, due lombardi che si sono innamorati di un’antica casa in legno e pietra che con tempo e dedizione hanno trasformato a splendido bed and breakfast ecologico: Nuit à Pleiney. Questo viaggio in Valle d’Aosta è stato proprio l’occasione per andarli a conoscere di persona e respirare la passione e l’entusiasmo con cui gestiscono la struttura e la cura con cui accolgono ogni ospite, facendolo sentire speciale. Sara fa gli onori di casa, suo marito è impegnato tra il giardino e i mille lavori che ci sono sempre da fare: e sembra di essere arrivati a salutare dei vecchi amici, che conosci da sempre.
Nuit à Pleiney (sì, si legge come si scrive) è speciale perchè ha mantenuto la sua identità di antico rudere del 1500 fatto di materiali naturali che Sara e Marco si sono impegnati strenuamente a mantenere, sia negli esterni che negli arredi interni. Tutto ciò che poteva essere conservato, protetto dal tempo, difeso dalla modernità è rimasto, diventando un rifugio ecosostenibile per chi cerca un soggiorno che respiri al ritmo della natura.
Ad aspettarmi, un piccolo appartamento a due piani (la struttura dispone anche di cinque camere con bagno privato), una festa di legno pregiato e pietre antiche, dove tutto è curato e avvolgente. Mi tuffo subito nella nuvola di caldi piumoni, utilissima nonostante sia luglio: gli spessi muri in pietra assicurano un bel frescolino, piacevole durante il giorno, ma che di notte richiede coperte pesanti. E il sonno diventa davvero ristoratore.
La stessa premura nella difesa di un territorio così bello e delicato, si ritrova nella colazione preparata da Sara: un viaggio tra sapori incredibilmente naturali, marmellate, torte e dolcetti fatti in casa dagli accostamenti inconsueti, capaci di spalancare ricordi e percezioni assopite.
Lacs de Fenetre, un trekking verso la meraviglia
Il secondo giorno, sveglia presto, è ora di mettersi in cammino. Sara mi aveva già preannunciato che sarebbe stata un’escursione molto piacevole, non particolarmente impegnativa, verso un paesaggio di rara bellezza: in effetti il trekking verso i Laghi de Fenetre (a 2456 mt) è un percorso particolare che unisce tratti in salita a tratti in discesa, passa attraverso torrenti, praterie alpine, macchie di neve e detriti, per poi aprirsi al miracolo che solo la montagna sa regalare, uno sguardo a 180° sulla catena del Monte Bianco.
Il percorso da seguire è il n. 13A e inizia dalla località Baou, distante circa 2 km dal valico di confine con la Svizzera: il tempo oggi pare autunnale, ma camminare riscalda il cuore e il fresco sulla pelle diventa un compagno gradevole per non perdere il ritmo dei passi. Un’ora piacevole, tra sali-scendi che non stancano; un incedere curioso, attento ad ogni variazione della natura, ad ogni suo mostrarsi.
Ogni tanto qualche cumulo di neve fa capolino lungo il percorso, a ricordarci che la montagna è un luogo sacro di continua sorpresa.
“Due voci possenti ha il mondo:
la voce del mare e la voce della montagna.”
W. Wordsworth
E una volta attraversato anche l’ultimo colle, quello che si para davanti è tutto ciò di cui hai bisogno per tornare a respirare regolarmente: la vastità dello sguardo, che si apre sulla catena del Monte Bianco, in particolare su le Grandes Jorasses ed il Mont Dolent, che dai Laghi de Fenetre possono essere colti da un insolito punto di vista.
Raggiungere una cima, completare un sentiero di montagna, nasconde sempre in sè quell’emozione mista all’orgoglio per se stessi e al rispetto per essere entrati in uno spazio di tale delicatezza e perfezione…e quello che puoi fare è solo immergerti di silenzio.
Il borgo di Etrouble, un cuore accogliente lungo la Via Francigena
Il secondo giorno in Valle d’ Aosta è ancora dedicato alla scoperta: una volta rientrata dal trekking ai Laghi de Fenetre, Ilaria mi aspetta a cena nel suo nuovo ristorante Le Gite Aux Marronniers, nel cuore del borgo di Etrouble.
Etrouble è un altro borgo di strada, dominato dallo svettante campanile della chiesa parrocchiale, a richiamare viandanti e pellegrini che qui hanno trovato rifugio nei secoli.
Etrouble è un borgo medievale con imponenti abitazioni in pietra che rivolgono le loro facciate, aperte su grandi portoni d’accesso, alla via principale; oggi il borgo è diventato anche una galleria d’arte permanente a cielo aperto: tra le vecchie stradine in ciottolato e gli splendidi fontanili, semplicemente alzando lo sguardo, enormi opere di artisti di fama mondiale incantano il passante. Così il vagare lento e sognante tra questo paesino tra i più belli d’Italia, si arricchisce di bellezza contemporanea che si mescola al legno, la pietra e i fiori, che cantano a festa sui balconi, sulle fontane, agli angoli delle strade.
La cena dalla giovane chef Ilaria, nella sua ‘tana’ Gite aux Marronniers (questo il significato di gite) è la sublime conclusione di una giornata arcobaleno di emozioni: i suoi piatti, tutti preparati con materie prime sceltissime e locali, sono una coccola per lo spirito, prima che per il palato e parlano di lei e del suo amore per questo territorio. Un amore che si impegna a raccontare attraverso i sapori.
3 giorni in Valle d’Aosta, ospite de Le Nuit a Pleiney: è ora di ripartire
Valle d’Aosta cosa vedere se non il proprio bagliore negli occhi?
Ma è tempo di ripartire.
E prima di partire, questa terra mi fa ancora due regali: una fantastica marmellata di kiwi fatta in casa da Sara, con cui accompagnare formaggi stagionati nelle prossime cene invernali e una scorta di acqua ferruginosa, curativa, della Fonte di Citrin, che scende da 1800 metri e sgorga frizzantina da una fontanella vicino al b&b.
Per un ritorno pieno di ricordi gustosi.